domenica 7 aprile 2013

Il mio nome è Pelle

Ho un nome normale, come chiunque altro.
Però per tutti, da sempre, io sono Pelle. 
Che è un modo piuttosto insolito di essere chiamato se non sei nero, giallo o un rosso indiano d'America.
A questo punto, non è difficile immaginarlo, sarete curiosi di conoscerne la ragione.
Ve la dirò, anche se non mi fa piacere parlarne.

Non ho mai saputo chi fosse mio padre e di mia madre so che era una ragazza disinvolta.
Lei si concedeva piuttosto facilmente, a parte lo sterile accorgimento di opporre un'infinita serie di "dai no..."
Per questo il suo soprannome nel giro era Daino.

Va da sé che a quelle stesse persone non sembrò vero di dare un degno benvenuto al figlio di Daino chiamandolo Pelle.








Be vintage



Un mio collaboratore, indicandomi la foto qui sotto mi ha chiesto di tradurgliela in italiano.



Pur conoscendo il significato, al momento non ho trovato modo per tradurre correttamente in italiano.
Mi sono reso conto che per rendere lo stesso concetto avrei dovuto usare frasi intere e non so neppure se con un risultato soddisfacente.

Ognuna delle possibili traduzioni che mi venivano in mente mi sembravano inadeguate, parziali, insufficienti e soprattutto fuorvianti.

La prima cosa che ho risposto, dunque,  è "sii vintage".


Si, ma vintage...?
Già, qui casca l'asino.

Vecchio?
Nostalgico?
Amante del passato?
Fautore di vecchie mode?
Appassionato di oggetti, gadget, beni o tendenze del passato?

Sono passato da una parola a tre, poi quattro, poi nove.
E con ancora la sensazione di non aver definito esaustivamente il concetto.

Da consumato sommelier conosco il significato del termine "vintage" se riferito ad un vino.
Ma è una parola che ha da tempo valicato gli stretti confini enoici, per assumere ben altri significati soprattutto nel campo della moda, delle tendenze, dell'arte.

E' un lampante esempio di come la nostra vecchia lingua non riesce a tenere il passo con la moderna globalizzazione, dove le parole hanno la necessità di definire nuovi confini vitali, nuove tendenze, nuovi modi di intendere la vita.
Qual'è la soluzione?
Adottare quei termini e renderli parte della nostra lingua.
Tentare di tradurli, come fanno per esempio i francesi con la parola ordinateur per non usare computer, creerebbe solo disagi e difficoltà laddove invece si dovrebbe tendere ad ottenere esattamente l'opposto.

sabato 6 aprile 2013

Mentori che mentono

Non so se i genitori d'oggi lo fanno ancora.
Ma a me da piccolo è accaduto innumerevoli volte e penso fosse prassi assodata a quei tempi.
Quando scoprivano che avevo detto una bugia mi redarguivano e mi invitavano a non ripeterlo più.
Sapete come?
Dicendomi in tono grave e serio che altrimenti mi sarebbe cresciuto il naso.
Come a Pinocchio.

Non ci trovate nulla di strano?

Eppure è evidente.
I miei genitori pretendevano di insegnarmi a non mentire, mentendo.

Che a nessuno sia mai cresciuto il naso dopo aver detto una menzogna per quanto piccino io lo sapevo, ovviamente.


Quindi ciò che inconsapevolmente i miei mi stavano insegnando era che mentire è certamente sbagliato.

Ma solo se sei un bimbo.

Da adulto avrei conquistato il diritto di dire le bugie anch'io.

Proprio come loro.





Allungare il collo

Noi uomini siamo esseri imperfetti.
Abbiamo una visione oggettivamente limitata delle cose.
Se ci accontentiamo della nostra esperienza sensoriale siamo condannati ad una qualità di vita misera e limitata.

Questo è in estrema sintesi quel che ci hanno lasciato in eredità i maggiori pensatori fin dall'inizio della storia del pensiero umano.

L'uomo, di qualunque estrazione sociale, con qualunque bagaglio culturale, in tutti i momenti storici ha sempre inseguito una necessità: quella di ampliare la sua visione delle cose, di riuscire a scrutare oltre i confini che le barriere della sua stessa natura umile e fallibile gli impongono.
Il primo passo in questo percorso consiste nel cercare di interpretare.
Decifrare le parole, gli sguardi, gli scritti, le gesta di altri uomini per capire cosa ci sia di più.
Ma anche decodificare i fenomeni, gli accadimenti, le manifestazioni della natura etc. etc. etc...
Insomma l'ambizione dell'uomo è da sempre quella di saper guardare oltre.
Ovviamente questo vale anche per noi, uomini in piena era tecnologica, che abbiamo accesso a strumenti e risorse impensabili solo qualche lustro fa.

Tuttavia, che si tratti dell'uomo moderno con l'iPhone sempre in tasca, o quello del medioevo, che aveva a malapena accesso a qualche libro, o ancora l'uomo dell'epoca romana, dal sapere limitato, per tutti vale lo stesso identico criterio.

Semplice, crudo, spietato, invalicabile perché vero:

" per guardare oltre 
non basta allungare il collo".



Una frase che ciascuno di noi dovrebbe farsi tatuare sul braccio, per averla presente in ogni momento della giornata, ogni volta che la voglia di essere curiosi, di capire, di sapere, si assopisce.


venerdì 5 aprile 2013

Alle spalle

Molte sono sono le cose che avvengono alle nostre spalle, a nostra insaputa.
Per lo più non ce ne rendiamo conto.
Altre volte invece si. 
Ovviamente dopo.
Ma, sia che ne abbiamo riso divertiti o che ne siamo rimasti contrariati, ho imparato che ciò che veramente conta in questi casi è fare buon viso a cattivo gioco. 
Meglio non dare soddisfazione al nemico per non apparire ancora più sprovveduto di quanto non sia già avvenuto. 
Il nemico in questo caso è chi subdolamente vede ciò che noi non possiamo e non ce lo rivela per suo esclusivo divertimento, per ridere di noi.

In conclusione: se chi ti sta di fronte ride inspiegabilmente tu, adottando 
l'espressione più intelligente che puoi, ridi con lui.
Tu non sai perché, ma il tuo nemico si.